Il testo si apre con entità strane che enunciano un’utopia, un’alternativa allo stato presente, forse una salvezza che sembra attualmente molto lontana, ma che ci consente di risalire all’origine, dove i sentimenti diventano lo specchio in cui denunciare noi stessi, la impermeabilità alle verità altrui, le sofferenze umane e naturali. Esporre la precarietà sembra essere il compito che si prefigge l’autrice avanzando l’ambizione di parlare alle vittime della storia e della guerra, attraverso molti temi, immagini e personaggi scelti dal proprio bagaglio di vita. Con la prospettiva del pellegrino delinea il paesaggio di sfondo, in cui la natura domina immensa e potente, ma che si materializza anche in piccole cose residuali come i ciottoli che si depositano al fondo.
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